Benvenutə al quattordicesimo numero di Interstizi,
una newsletter occasionale che nasce dal bisogno di mettersi insieme, di condividere riflessioni e pensieri fuori da uno spazio predefinito. Una piattaforma informale di confronto e di ricerca su arte, cultura pop e attualità che speriamo possa aprirsi nel tempo a tanti punti di vista e modalità espressive diverse. Uno spazio fisico e mentale per germogliare, condividere quello che ci sta a cuore, raccontare e raccontarsi, trovare la propria voce ma anche lanciarsi in qualche sano rant.
In questo numero vi invitiamo a partecipare all’inaugurazione di una mostra a Bologna che stiamo co-curando in quanto parte di collettivo goo, vi parliamo di iconografia e astrologia insieme a Giulia di Astrimatti 💞 e concludiamo, purtroppo, con un doveroso sfogo-riflessione sulla nuova campagna promozionale lanciata dal ministero del turismo. Open to sapere che ne pensate (:
Buona lettura! 🌿
Fabiola & Giulia
Prima di iniziare un breve *Annuncio *
Per chi è a Bologna, vi invitiamo il 2 maggio all’inaugurazione di Video Poems, mostra dell’artista Silvia Mantellini Faieta a cura di collettivo goo <3
Come cambierebbe il modo di relazionarci con lз altrз e con noi stessз se cominciassimo ad ascoltarci?
collettivo goo presenta l’installazione Video Poems (2022), una serie di sette video realizzati dall’artista a partire da materiali del suo archivio visuale. Combinando dialoghi a frammenti testuali e video, Martellini Faieta cerca di restituire la complessità e crudità di un’esperienza e della sua rielaborazione nel presente, evitando universalizzazioni e moralismi.
Programma:
2 - 6 maggio 2023 | Senape Vivaio Urbano, via Santa Croce 10/abc
2 maggio ore 18.30 vernissage con visita guidata
6 maggio ore 19.30 proiezione di Small Fish Dog Fish e talk con Silvia Mantellini Faieta + aperitivo
La mostra è visitabile il 3 maggio dalle 16.00 alle 21.00; il 4 e 5 maggio dalle 16.00 alle 19.30; il 6 maggio dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 21.00.
Panorama
Iconografie astrologiche
con Giulia di Astrimatti
Il 24 marzo Giulia, una metà di Interstizi, è stata invitata da Associazione Nuvo a tenere un talk sulle connessioni tra arte e astrologia in dialogo con Giulia di Astrimatti, astrologa bravissima che trovate su TikTok, Instagram e Substack - ma che potete leggere anche sulle pagine di Cosmopolitan.
Il talk si è tenuto al Circolo Dev di Bologna nel corso della prima edizione di Astrofest, un festival emergente dedicato all’astrologia nelle sue contaminazioni con arte e cinema, a cura di Associazione Nuvo.
Vi presentiamo qui un estratto del nostro intervento, rielaborato a quattro mani in esclusiva per Interstizi!
Quando ci è stato chiesto di riflettere insieme sulle connessioni tra astrologia e arte, ci siamo subito trovate d’accordo nel non poterci esimere dall’analizzare e dal capire il simbolo astrologico e le sue rappresentazioni iconografiche.
Dalla notte dei tempi, guardiamo il cielo e costruiamo storie e immagini mentali collegando i punti luminosi che raggruppiamo come costellazioni. Un’attenta osservazione ci ha permesso di notare che alcuni di questi punti luminosi, a differenza di altri, si spostano nel cielo in maniera ritmica e costante: si tratta dei pianeti, per ognuno dei quali abbiamo immaginato un significato sulla base dell’aspetto.
Perché gli esseri umani sono così, cercano narrazioni, storie, significati, creano associazioni d’idee.
Attraverso millenni di osservazioni, l’astrologia con il tempo diventa un sistema più strutturato: si crea lo zodiaco, suddividendo la volta del cielo in 12 parti uguali, si aggiungono elementi e tecniche che variano da sistema a sistema, ma sarebbe meglio dire da cultura a cultura. Eppure per quanto possa sembrare soggettivo, gli archetipi astrologici, proprio in quanto archetipi, sono simboli che rimangono costanti nei millenni e nelle culture, al punto che ad oggi ancora ci parlano in una maniera molto specifica.
Anche le rappresentazioni iconografiche dei simboli archeologici sono rimaste pressoché invariate nel corso dei secoli (ma sarebbe più corretto dire millenni), anche se il significato dietro al simbolo astrologico si è arricchito nel tempo. Qui in alto vediamo la fotografia di una delle grotte che fanno parte del complesso di Lascaux, in Francia, dove sono state ritrovate tra le più significative pitture murali preistoriche europee, realizzate circa 17.500 anni fa. Le grotte sono state scoperte alla fine degli anni Settanta e gli studiosi si sono subito iniziati ad interrogarsi sui significati e sulle interpretazioni da dare alle pitture murali. Negli anni Novanta, gli studi di Luz Congregado mettono in luce una lettura se non astrologica, quanto meno astronomica. Osservando alcune sezioni della cosiddetta sala dei tori, o dei bisonti, Congregado nota una serie di spessi puntini neri tracciati ai due lati della figura di un toro. Non si tratta di segni casuali perché le loro forme corrispondono con gli allineamenti osservabili delle Pleiadi, della costellazione del Toro (che coincide con la rappresentazione dell’animale) e con la cintura di Orione. L’analisi comparata di altri complessi di grotte in Europa ha portato all’emergere di rappresentazioni molto simili tra gruppi di uomini preistorici che verosimilmente non si sono mai incontrati. L’osservazione delle costellazioni ha prodotto anche manufatti scultorei come il ‘Lion man’, l’uomo leone, ritrovato in Germania e datato da 40.000 anni fa; e uno zodiaco preistorico in Inghilterra con elementi come ariete e toro, studiato da un recente studio di Harvard.
L’osservazione del cielo ha prodotto rappresentazioni simili tra di loro in luoghi molto distanti, che dalla preistoria in poi hanno iniziato ad affermarsi come i simboli che ancora oggi conosciamo.
I simboli astrologici e le loro caratteristiche sono oggi talmente ingranati nel nostro linguaggio che tendiamo a darli per scontati: ci sembra quasi che portino il loro significato in automatico. L’Ariete è impulsivo semplicemente perché è stato deciso così, il Toro è pigro e via discorrendo. In realtà ogni significato è stato costruito con regole precise. Ad esempio, definiamo l’Ariete ardito, impulsivo e iracondo perché è un segno di fuoco, ma anche perché è un segno che si definisce cardinale, ovvero che si trova all’inizio di una stagione. In più è governato da Marte, il pianeta dell’azione e degli impulsi. Questi sono i 3 principali pilastri su cui si forma il significato di un segno: l’elemento, che viene assegnato secondo una specifica sequenza; la modalità, ovvero il periodo dell’anno e della stagione all’interno della quale si trova; e il pianeta reggente, che viene assegnato anche questo secondo uno schema specifico: il Thema Mundi.
Anche il Thema Mundi segue una sua logica: vediamo il Sole e la Luna, i luminari portatori di luce, associati ai due periodi dell’anno di massima luminosità, l’estate del Cancro e del Leone, e poi a seguire a specchio vengono associati gli altri pianeti secondo il modello tolemaico. L’ultimo è Saturno, il pianeta più lontano e più freddo, che per questo rappresenta i confini, e proprio perché è freddo è posizionato nell’inverno e associato al Capricorno e all’Acquario. Sempre seguendo lo stesso principio otteniamo anche il Toro come amante di ciò che è bello, ma un po’ pigro: un segno governato da Venere, pianeta della piacevolezza, ma legato al momento centrale della primavera, quindi che ricerca costanza e non vuole cambiamenti. Il Gemelli è un altro esempio: curioso ma inaffidabile, perché è governato da Mercurio, pianeta dell’intelletto (è noto che l’intelletto non ha morale) e si trova al finire della primavera, nel momento di transizione verso l’estate, che rappresenta la sua attitudine al cambiamento.
Nella consolidazione iconografica dei simboli astrologici ritroviamo proprio questa ripetitiva associazione di elementi, come vediamo in questa miniatura del 1470: sopra una scena di battaglia spicca la figura di Marte, il dio della guerra, e i due segni tradizionalmente a lui associati, l’ariete e lo scorpione. Marte è raffigurato con la carnagione rossa, un colore che caratterizza il pianeta per come possiamo osservarlo dalla terra e che è simbolo di rabbia, violenza e passione. Queste caratteristiche sono associate sia alla divinità nella mitologia greco-romana, che ai due segni zodiacali da essa governati.
A distanza di secoli ritroviamo le medesime rappresentazioni: ho voluto associare una illustrazione del 1923, una tessera collezionabile venduta all’interno dei pacchetti di sigarette Will’s. L’ariete, primo segno zodiacale, spicca nella sua raffigurazione tradizionale di animale ma è associato anche al simbolo astrologico che abbiamo visto nel Thema Mundi e al simbolo del pianeta Marte.
La ripetizione e consolidazione degli archetipi astrologici procede per secoli (più accuratamente possiamo dire per millenni), assumendo forme sempre differenti e caricandosi di significati. Negli anni Settanta l’artista italiano Gino De Dominicis organizza la performance Lo Zodiaco alla galleria L’Attico di Roma, con fotografie di Fausto Giaccone. La performance è un tableau vivant: per la durata di cinque giorni, l’artista raduna animali e persone, che corrispondono letteralmente agli archetipi dello zodiaco (l’ariete è un ariete, il toro un toro e i gemelli, appunto, due gemelli) all’interno dello spazio della galleria, esponendoli agli occhi del pubblico.
La letteralità fa sicuramente parte della poetica di De Dominicis che, in un periodo in cui l’arte concettuale iniziava a diventare sempre più prevalente, vuole riportare oggetto e significato al centro. Un altro aspetto interessante del lavoro è il tempo: trasformando gli archetipi dello zodiaco in creature viventi (con l’eccezione dei pesci, che erano due animali morti), l’artista costringe all’interno dello spazio e del tempo umani qualcosa che tendiamo ad interpretare come sovrastante. L’astrologia ci sembra dettare i ritmi del tempo umano, prendendo forma in spazi e cicli temporali totalmente al di fuori dal nostro controllo.
Forse l’astrologia è sempre stata un tentativo di mostrare come il tempo umano è connesso al tempo della natura: si fonda sull’osservazione dei cicli, tanto nel movimento dei pianeti quanto sulla terra e nelle nostre vite. Perché per quanto sia centrale il lavoro sul simbolo e le perpetue associazioni di idee e concetti che stratificano l’archetipo, questo non varrebbe niente se non fosse riportato all’esperienza umana.
Un esempio interessante è quello di Saturno: Saturno prende il suo significato di pianeta dei limiti perché è l’ultimo pianeta visibile distintamente a occhio nudo. È il pianeta che si muove più lentamente e di conseguenza diventa il pianeta del tempo. Se colleghiamo limiti e tempo pensiamo alla vecchiaia e alle responsabilità. La sua luce flebile e fredda ci riporta ad una sensazione di rigore. Tutti questi concetti diventano ancora più applicabili quando notiamo che Saturno ci mette 29 anni e mezzo a fare il giro dello zodiaco: questo significa che applicato ad una persona, ci metterà circa 30 anni a tornare nell’esatta posizione in cui si trovava al momento della nascita.
Parliamo spesso della crisi dei 30 anni, ma non perché Saturno ne sia causa di per sé, ma perché in qualche modo il nostro ciclo personale di maturazione e il ciclo di Saturno sembrano viaggiare in parallelo. Così uniamo l’osservazione dei momenti chiave della vita di una persona e le associazioni simboliche costruite tramite l’archetipo e utilizziamo l’astrologia per avere degli strumenti in più per comprendere il periodo che stiamo vivendo. È un parallelismo talmente esatto che è stato poi naturale nella storia dell’uomo pensare che si trattasse di influenza planetaria: è dai tempi dei greci e dei romani che si discute sul funzionamento dell’astrologia. Se Tolomeo sosteneva che i pianeti ci influenzano, Vettio Valente e Doroteo argomentavano invece che i pianeti andassero presi come dei segnali.
Questo dibattito apre altri quesiti, soprattutto quello del rapporto tra astrologia e destino: è tutto già scritto oppure no? In parte la bellezza dell’astrologia è anche che ci permette di porci questi interrogativi e anche scegliere di non dare una risposta.
Se da una parte il tempo umano trova posto all’interno del sistema astrologico, è innegabile che una buona parte di questo si fondi comunque sull’osservazione della natura. I segni zodiacali sono 12 perché rappresentano la suddivisione delle stagioni, il percorso del Sole lungo la sua ellittica, o meglio il percorso della Terra che a volte è più vicina al Sole e altre è più lontana. Ogni stagione ha un suo inizio, un suo centro in cui si stabilizza e una fine. E allora poi l’Ariete governato da Marte, pianeta dell’azione, diventa il risveglio della primavera, il Capricorno, governato da Saturno, pianeta freddo dei limiti, la notte più lunga dell’anno, il Leone governato dal Sole il momento più caldo dell’anno.
I segni zodiacali sono gli archetipi che riempiono di significato i pianeti che transitano al loro interno (man mano che vediamo i pianeti spostarsi attraverso le costellazioni attribuiamo a ciascuno le qualità di ogni segno). Allo stesso tempo, rappresentano letteralmente lo scorrere di un anno, l’alternanza dei raccolti, il rinascere della natura, il suo fiorire e il suo morire.
Tornando al tempo umano, i segni zodiacali si collegano anche al modo in cui l’uomo reagisce alle stagioni e alle attività che porta avanti in ciascun periodo. Non c’entra niente con l’astrologia tradizionale, ma fa sempre sorridere come il rientro a scuola o al lavoro dopo le ferie corrisponda alla stagione della Vergine, la pragmaticità che si riadatta per costruire nuove abitudini.
La connessione tra zodiaco, stagioni e ciclo dei mesi è molto peculiare e si ritrova fortemente nelle rappresentazioni visive del tardo medioevo e del rinascimento, epoche in cui l’astrologia torna in primo piano, dopo qualche secolo di vita sotterranea perché considerata una pratica eretica.
In moltissime chiese e battisteri italiani vi sarà capitato di notare meridiane, affreschi o bassorilievi che rappresentano il ciclo dei mesi e i corrispondenti archetipi astrologici: si tratta di motivi molto comuni e accettati tra Quattrocento e Cinquecento.
La città di Ferrara, sotto la corte di Borso d’Este, diventa in questo periodo uno dei principali centri per l’astrologia in Italia (anche se la figura dell’astrologo di corte è ampiamente diffusa in tutta la penisola): è in questi anni che la famiglia Este commissiona a Cosmè Tura, Francesco del Cossa e alle loro botteghe gli affreschi delle sale di Palazzo Schifanoia, dove viene realizzato uno dei più complessi e originali cicli di pittura murale sugli intrecci tra zodiaco e ciclo dei mesi.
Tutti i mesi sono suddivisi su tre fasce, come vediamo nella foto che abbiamo scelto e che mostra il mese di aprile. Nella fascia superiore spicca la dea Venere, su un un carro trainato da due cigni, in trionfo su Marte, il cavaliere incatenato che di dà le spalle. Venere governa il segno del Toro e il suo trionfo su Marte, che domina invece l’Ariete, mostra il passaggio da un periodo all’altro.
Al centro è rappresentato proprio il segno del Toro, con le sue tre deacadi: la donna con il bambino allude al mito delle Pleiadi e alla felicità materna; al centro il dio egizio Anubi con in mano una chiave simboleggia l’apertura della primavera, intesa come suo momento centrale; e infine la terza decade collegata a Perseo e alla dissolutezza. La fascia più bassa rappresenta infine scene del governo di Borso d’Este, il committente. In questo caso si tratta del palio di San Giorgio che all’epoca si svolgeva nel mese di aprile e che perdura tutt’oggi nella città di Ferrara.
Nella sala dei mesi di Palazzo Schifanoia la sovrapposizione di mito, esoterismo e tradizioni di culture e sistemi di pensiero diversi diventa davvero complessa.
Questa complessità iconografica esplode nel Giardino delle Delizie di Hieronymus Bosch, trittico che tutt’oggi storicз dell’arte ed espertз di occultismo ed esoterismo cercando di interpretare appieno e che, seppur realizzato alla fine del Quattrocento, ci porta idealmente fino al Surrealismo del XIX secolo per quanto concerne il modo in cui i simboli vengono intrecciati a suggestioni soggettive.
Il pannello di sinistra rappresenta il giardino dell’Eden, con Dio posto in mezzo ad Adamo ed Eva. Al centro troviamo un paesaggio fantastico composto da figure nude, animali immaginari, frutta dalle dimensioni enormi e strutture architettoniche surreali. A destra, infine, una rappresentazione dell’inferno e dei tormenti della dannazione. Religione, alchimia, occultismo, astrologia, esoterismo e mito pervadono ogni figura, in un intreccio di rimandi e significati.
Noi ci concentriamo sul dettaglio della fontana raffigurata nel pannello di sinistra, che da diverse interpretazioni è stata collegata al segno del Cancro nel suo simbolismo di crescita e accudimento.
Il Cancro è governato dalla Luna e nel dipinto la troviamo poco distante, rappresentata dalla luna crescente, posta poco più in alto. All’interno della fontana troviamo un gufo, interpretato da alcuni studiosi come simbolo del sole che, posto in quadratura rispetto alla luna, simboleggerebbe l’alchimia, intesa come matrimonio degli opposti.
Altre interpretazioni collegano invece il gufo a Saturno, che nel segno del Cancro era interpretato come un segno di sfortuna in epoca tardo medievale e che alluderebbe alla sventura in arrivo per Adamo ed Eva (nonché l’umanità tutta). Questa interpretazione ha senso anche dal punto di vista astrologico, perché il Cancro è il segno opposto al Capricorno, dove Saturno è a casa. In pratica, il Cancro è un luogo poco familiare per Saturno, che può qui indicare isolamento, distanza e difficoltà a entrare in connessione con gli altri, invece che struttura e concretezza.
Il pannello centrale del Giardino è da alcune interpretazioni interamente collegato a Saturno, soprattutto nelle sue origini di divinità agricola che affondano in epoca babilonese e poi greco-romana. In questa mitologia Saturno sarebbe il sovrano che ha regnato sull’umanità in una mitica età dell’oro, prima che del denaro e della politica, un periodo celebrato in età romana durante i Saturnali. In queste festività, precursori pagani del carnevale, ogni convenzione si capovolgeva, si organizzavano banchetti e feste lascive e si giocava d’azzardo ai dadi (pratica vietata in qualsiasi altro momento dell’anno).
Nella tradizione astrologica Saturno è il grande malefico, su di lui non si sono in genere spese ottime parole. È collegato all’agricoltura e ai possedimenti terreni, quindi anche alle tasse, da raccogliere e da pagare, ma parla anche di miseria, scarsità, prigionia, depressione. Insomma, Saturno, come Marte, l’altro malefico, è rappresentativo delle sfide della vita. Solo nella modernità si è cercato di risollevare la sua immagine a pianeta delle lezioni, perché indubbiamente le sfide possono essere lezioni, e con esse saggezza. Ma che fatica passarci attraverso.
Nell’arte contemporanea le iconografie astrologiche vengono utilizzate in maniera radicalmente diversa rispetto al passato: l’astrologia viene usata come chiave di lettura e di interpretazione di processi attuali e non solo come contenitore di simbologie e riferimenti.
Astral Charts è un lavoro del 2018 dell’artista italiano Fabio Lattanzi Antinori che rappresenta il tema natale di diverse borse finanziare, in questo caso l’installazione in rosso corrisponde a quello di Wall Street a New York e quella in azzurro a quello di Hong Kong.
L’idea alla base dell’astrologia è che ogni momento può essere descritto dalla posizione dei pianeti nel cielo, perché se i pianeti possono descrivere i continui cicli che si attraversano, fermando un momento si ha la rappresentazione simbolica dell’essenza non solo di quell’attimo nel tempo, ma anche su come si svilupperà l’evento che è avvenuto. Torniamo qui nel campo filosofico del destino: questo significa che il momento della nascita di qualcosa o di qualcuno descrive un destino già scritto? O descrive forse un pacchetto di partenza, degli strumenti che si possono utilizzare?
Senza addentrarci nella discussione filosofica, questi sono i concetti su cui si basa l’analisi del Tema Natale - la carta del cielo al momento della nascita di un individuo, o di un evento, o di un’istituzione. Esiste quindi il Tema Natale non solo di ciascuna persona, ma anche dell’Italia o dei Bitcoin, basta avere un momento preciso nel tempo e un luogo, che ci dà il modo in cui è posizionata la volta celeste in un dato momento.
Le installazioni di Lattanzi Antinori nascono dell’interesse dell’artista per il mondo della finanza speculativa e dal suo constatare che, negli ultimi anni, l’astrologia finanziaria si è sviluppata moltissimo: sempre più investitori e operatori di borsa si rifanno ai transiti astrologici e ai consigli di astrologi e astrologhe per regolare il proprio trading.
Nelle opere, i temi natali delle borse finanziarie sono rappresentati con le posizioni dei diversi pianeti e gli aspetti da loro formati in oro. Al centro si trova un piccolo computer che genera in automatico messaggi tratti da alcuni popolari siti di oroscopi che generano messaggi quotidiani, ispirati ai transiti che influenzano i singoli temi natali (come avviene, per esempio, nella popolare app Co-Star).
L’astrologia finanziaria è anche un ottimo esempio di quel parallelismo tra cicli planetari e cicli umani di cui parlavamo prima. La finanza stessa segue spesso dei cicli regolari, che possono essere rappresentati con l’astrologia. O meglio, l’astrologia può tracciarne l’andamento, perché i cicli si ripetono, sia sul medio sia sul lungo periodo.
Un altro lavoro contemporaneo molto peculiare nel suo utilizzo dell’astrologia come chiave di lettura è Chiron Choir, una performance partecipativa realizzata dall’artista inglese Hannah Catherine Jones e presentata in diverse iterazioni.
Chirone è un elemento aggiunto dall’astrologia moderna, il cui significato nasce più dal mito che dall’osservazione del corpo celeste stesso. Chirone era un centauro, metà cavallo e metà umano, quest’ultima rappresentativa del suo lato vulnerabile. Abbiamo due versioni del mito che gli diede poi l’appellativo “guaritore ferito”: in una fu Ercole, il suo allievo, a ferirlo con una freccia scoccata per sbaglio, in un’altra la ferita arriva da un incidente avvenuto nel suo tentativo di curare un altro centauro da una freccia avvelenata. Ferite mortali, a tutti gli effetti, ma per un semidio che non può morire diventano fonte di un’agonia perpetua, eterna. In entrambi i casi, però, la ferita è accidentale: qualcosa che era fuori dal controllo di Chirone stesso. Per questo Chirone, in astrologia, è stato associato alle ferite e ai traumi che subiamo nel corso della vita e che, in un modo o nell’altro, faranno sempre parte di noi. L’unica cosa che resta da fare è imparare a conviverci, accettarli, o trovare conforto in chi ha una ferita simile alla nostra.
In Chiron Choir l’artista ha lavorato con una comunità peculiare, di cui anche lei fa parte: persone che appartengono a diverse comunità diasporiche che vivono in Regno Unito e che, conversamente, non si riconoscono in dinamiche di genere binario. Durante gli incontri in preparazione della performance finale, il gruppo ha utilizzato la composizione musicale, la scrittura dei testi e il canto per lavorare insieme sulle ferite che ciascuna delle persone che lo compongono si porta dietro, provocate da razzismo e omofobia. Jones agisce qui proprio come Chirone: da un lato si pone nel ruolo di facilitatrice, dall’altro soffre anche lei per ferite profonde e inflitte dall’esterno, provocate da una società che da soli non possiamo modificare ma all’interno della quale ci troviamo a vivere. L’artista ci suggerisce così che l’unico modo per trovare una guarigione può avvenire collettivamente e utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione per compiere un lavoro introspettivo complesso.
Il simbolo astrologico diventa uno strumento da cui partire per rafforzare la propria azione, per trovare significati individuali e collettivi e per interpretare la complessa realtà di cui ci troviamo a far parte.
Interludio
Pasta, pizza, e rant
Avevamo pensato di presentarvi una nuova rubrica in questo numero; avevamo messo insieme tutte le immagini, testi, fatto edit. Ma è successo qualcosa di totalmente inaspettato nella sua triste prevedibilità. Il Ministero del Turismo e ENIT hanno presentato la sua nuova campagna di promozione dell’Italia nel mondo, dal titolo Italia: open to meraviglia. Memori di quell’altra grande brillante trovata che fu Very Bello (RIP), e di cui giustamente non si trova quasi più traccia online, il nome ci ha fatto male, ma non più del solito. È stato sicuramente strano notare la scelta di mescolare l’italiano e l’inglese dopo i grandi dibattiti di purezza linguistica delle ultime settimane e non possiamo non notare l’ironia. Però ecco, been there done that (per restare in tema).
Cos’è stato allora che ci ha spinto a rimettere mano al numero per dare voce alla nostra frustrazione? Amicз, da dove iniziare. Forse dal costo della campagna: 9 milioni di euro. Una cifra notevole per un Paese in cui la cultura stenta a vedere anche il minimo supporto economico e in cui la gran parte dei lavoratori culturali vive a ridosso della soglia di povertà (vi rimandiamo agli studi di settore realizzati dell’associazione deз lavoratorз dell’arte AWI e allo studio realizzato da Mi Riconsci?), pagata al gruppo Armando Testa per produrre una campagna che sembra uscita dai sogni più selvaggi e anacronistici di ChatGPT. La digital influencer @venereitalia23, che è ovviamente un ibrido mal riuscito tra la Venere di Botticelli yassificata e delle foto di un catalogo di Costa Crociere, che imbraccia una bici davanti al Colosseo, si fa un selfie in Piazza San Marco a Venezia e ci informa che sarà la nostra guida in questa Italia ipersatura. Il nuovo logo, ci spiega Venere, è “una bandiera verde, bianca e rossa che si spalanca dando il benvenuto al mondo intero.” Una scelta di parole audace da parte dello stesso governo che parla in conferenza stampa di sostituzione etnica.
Addentrandoci ancora di più nel sito appena lanciato dal Ministero, e che invita i turisti a vivere come gli italiani, la seconda slide ci parla subito di pasta (la regina delle tavole italiane) e del 25 Aprile. Un bell’articolo commemorare la liberazione dell'Italia dal nazifascismo dopo un bel piatto di pasta? Ovviamente no, perché il 25 aprile è soprattutto la Festa del Boccolo, secondo il Ministero dello stesso governo che ritiene il 25 aprile una festa divisiva e che prosegue infatti a raccontare ai turisti di San Marco, delle rose e delle fritoe. Venezia tvb, ci disp. La ricognizione del sito finisce però abbastanza in fretta, dato che la metà delle pagine sono ancora inaccessibili o incomplete, con un Dante che dispiaciuto ci comunica che la retta via sembra smarrita.
Tornando alla ragazza del momento, Venere ha 30 anni e un dubbio gusto nel vestire. È bella, bianca, magra e bionda. Sicuramente più bella e più magra dell’originale, che è stata ampiamente modificata per dare all’influencer la giusta Instagram face. Non sia mai che una donna rappresentata nel Quattrocento non rientri nei canoni di bellezza attuali o che si possa pensare ad una rappresentazione semplicemente diversa. Sarà per la prossimità anagrafica, ma questo dettaglio dei trent’anni ci ha toccate particolarmente. Una cifra che racchiude una generazione di scappatз di casa e sfruttatз, che ogni giorno cerca di capire come riuscire ad immaginare il proprio futuro mentre viene rimproverato di parlare di soldi invece che di passione e non fare abbastanza figli. Venere ricorda immediatamente la più iconica delle influencer italiche, ovvero Chiara Ferragni. Che ci ha tenuto ad evidenziare sulle sue storie questa somiglianza, insinuando un suo primato nel raccontare un’Italia auto-esoticizzante che non esiste. Brava ama, ottimo lavoro.
Ovviamente non possiamo chiedere ad uno spot per il turismo di parlare di questioni sociali, né di tutti i problemi che affrontiamo ogni giorno. Non siamo noi il target di riferimento e lo capiamo. Sarebbe bello però che uno spot sull’Italia riuscisse ad emozionarci almeno un po’, a restituire la ricchezza e la complessità della società italiana di oggi, sicuramente non solo bianca, magra, bionda che mangia pizza in sella ad una bicicletta, a farci sperare in un’idea diversa di noi stessi. Un’idea di futuro fuori dai soliti stereotipi pensati per turisti che vogliono vivere la loro Italian fantasy.
Come giustamente evidenziato nel comunicato stampa di Mi Riconosci?, la campagna non fa che banalizzare e ridicolizzare il patrimonio nazionale. Però per noi il problema principale non è solo l’uso della Venere di Botticelli malamente photoshoppata, ma la realizzazione di un’ennesima campagna escludente che non riesce nè a valorizzare il patrimonio culturale, nè tantomeno a raccontare la diversità e la complessità che l’Italia è in grado di offrire. O potrebbe se solo ci fosse un supporto adeguato.
Restando sul target, ci viene naturale chiederci che idea di turismo trasmette questa campagna?
Il comunicato stampa pubblicato dall’agenzia responsabile della campagna in risposta alle critiche di questi giorni specifica che “L'obiettivo è quello di promuovere l'Italia all'estero, puntando su un target proveniente da 33 Paesi. Anche e soprattutto su mercati culturalmente molto diversi dal nostro, accendendo l'attenzione in modo facile, diretto e immediatamente riconoscibile su ciò che tradizionalmente contraddistingue l'Italia nel mondo.” Perfetto. Cosa ci contraddistingue dunque? Cosa vogliamo vendere? Cosa non è stato già impacchettato e consumato fino alla nausea attraverso i mille prodotti culturali in cui una #donnaacaso in crisi di mezz’età viene a ritrovare se stessa mangiando una pizza (*inserire scena cringe orgasmo da carboidrato*) mentre viene verbalmente assediata da aitanti uomini baffuti chiamati Salvatore (catcalling DOP)?
Quello che ancora una volta si vuole attirare e promuovere è un turismo centrato sul consumo veloce e superficiale. Un turismo massificato, disinformato e non attento alla sostenibilità. Un tipo di turismo che non possiamo più permetterci in un Paese in cui la tutela dei beni culturali manca di fondi strutturali e personale (ma che non rinuncia a svendere pezzi di patrimonio al miglior offerente) e in cui le catastrofi ambientali sono sempre più frequenti ma non sia mai cercare di fare qualcosa al riguardo. In cui AirBnb, hotel e negozi inutili svuotano le città, spingendo fuori giovani, famiglie, residenti di ogni tipo.Un turismo non troppo dissimile dal catalogo di una vacanza in crociera, in cui l’Italia è una grande bolla di mare e pizza, che si snoda lungo le solite quattro città, e tutto il resto (inquinamento, sovraffollamento, superficialità, un danno collaterale. Le stesse città in cui i sindaci immaginano di far pagare il biglietto all’entrata o emettono vertenze contro chi si siede su dei gradini perché signora mia, il decoro!
Le reazioni alla campagna sono state prevedibilmente negative. Sotto i diversi post pubblicati dal Ministero sono elencati tutti i difetti del progetto: dal copy imbarazzante a questioni più tecniche. Dopo la levata di scudi iniziale, si è però velocemente passati al lol. La classica reazione goliardica volta a fare autopromozione, cercando di fare più click del contenuto precedente. Un meccanismo ben oliato che impedisce a qualsiasi ragionamento di farsi strada e diventare un’idea conclusa e condivisa e che fa diventare tutto un meme nemmeno così divertente. Tranne questo, che effettivamente lo è:
Come hanno notato in diversз, la campagna è solo all’inizio e non possiamo sapere come saranno spesi questi 9 milioni. Ci sembra però più che giustificato riflettere su cos’altro si sarebbe potuto fare con questi soldi e su come potrebbe cambiare il turismo se ci fossero delle politiche che si occupano davvero di innovare e rilanciare il settore. Perché il Ministero del Turismo, come il Ministero dei Beni Culturali, continuano a bruciare fondi pubblici per campagne e progetti evidentemente fallimentari, come il già ricordato verybello o il più recente ItsArt? Domanda retorica, ovviamente. La scelta di creare Venere è stata motivata dalla volontà di parlare ai giovani ma questa campagna non fa che parlare di una nazione vecchia che è ogni giorno di più una macchietta di sé stessa che non ha né il coraggio né l'ambizione di pensare ad un futuro diverso.
Ciliegie
i nostri pick culturali
🍒 Podcast 🍒
Per appassionatз di true crime e simili, consigliamo questo podcast della BBC A Very British Cult e, su tutt’altro spirito, una puntata molto bella del podcast Belonging dove si parla di corpo come ecosistema.
🍒 Letture 🍒
Un romanzo: Tomorrow, and Tomorrow, and Tomorrow di Gabrielle Zevin, per ora solo in inglese. Un libro molto bello sull’amicizia e l’amore e il conflitto che coesistono in questo rapporto spesso non abbastanza analizzato. Tantissimi riferimenti al mondo dei videogiochi che hanno fatto emozionare anche un’inetta come me che nella vita ha giocato solo a The Sims.
Un saggio: Sei vecchio: I mondi digitali della Generazione Z di Vincenzo Marino. Un saggio abbastanza breve che ci aiuta a capire meglio alcuni fenomeni digitali che trascendono la Gen Z e ci parlano di noi come società, restituendo un’immagine abbastanza cupa di come i nostri consumi culturali si riversano nel modo in cui concepiamo le relazioni. Per farvi un’idea sul lavoro di Marino vi consigliamo anche la sua newsletter zio.
Un articolo: Articolo un po’ vecchio ma molto interessante e scorrevole su arte e classe e un altro articolo (in inglese) che ha fatto scatenare il Twitter su come il ‘linguaggio terapeutico’ ha reso le relazioni degli scambi sempre più freddi ed egoriferiti. Il dibattito resta aperto.
Misc: questo giro chiediamo a voi, send cose belle da leggere!
🍒 Musica 🍒
Mesi di ascolti random e senza memoria. Ma vi condividiamo un set molto frizzante di Ell Murphy, una playlist hip-hop al femminile e il Tiny Desk Concert di Fred again…
🍒 Film 🍒
Per questo numero vi dovrete accontentare dei nostri consigli, ma non vi preoccupate, Vic torna presto!
Nel frattempo vi consigliamo Corsage (Il Corsetto dell’imperatrice) scritto e diretto da Marie Kreutzer e Close di Lukas Dhont. Due film da guardare per farvi prendere male ma con una fotografia impeccabile.
🍒 L’Internet 🍒
40 cose da sapere prima dei 40.
lofi girl e il suo gatto hanno un nuovo amico e la campagna di lancio è stata abbastanza brillante.
Video del Mensa Italia sulle fallacie logiche più comuni, interssante quanto esteticamente cringe.
Questo tweet che illustra in modo molto chiaro la spettacolarizzazione della politica contemporanea. Debord who?! Poster molto belli del collettivo londinese femminista Red Women’s Workshop e incarti giapponesi di gomme da masticare.
Il processo di Gwyneth Paltrow. Un cane stancǝ.
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Noi siamo arrivate alla fine di questo quattordicesimo numero di Interstizi.
Grazie per essere arrivatə fin qui, per averci letto, per averci dedicato del tempo.
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