Benvenutə al diciottesimo numero di Interstizi,
una newsletter occasionale che nasce dal bisogno di mettersi insieme, di condividere riflessioni e pensieri fuori da uno spazio predefinito. Una piattaforma informale di confronto e di ricerca su arte, cultura pop e attualità che speriamo possa aprirsi nel tempo a tanti punti di vista e modalità espressive diverse. Uno spazio fisico e mentale per germogliare, condividere quello che ci sta a cuore, raccontare e raccontarsi, trovare la propria voce ma anche lanciarsi in qualche sano rant.
In questo numero vi parliamo di pensiero magico unendo ricordi d'infanzia, arte contemporanea e piccole (e grandi) speranze. Condividiamo poi le nostre solite ciliegie ma in una veste espansa e ironica sulla scia delle tantɜ ragazzɜ dell’estate e dell’internet.
Buona lettura! 🌿
Fabiola & Giulia
Panorama
Magic kills industry
Avevo circa sei o sette anni quando, dopo una giornata di mare in Sicilia, presi un’insolazione. Ero tornata dalla spiaggia con mal di testa, vertigini e una gran stanchezza, sintomi prontamente identificati come legati al caldo e al sole. La cura fu un vero rituale, preparato e somministrato da mia nonna: al centro di un piatto fondo collocò uno scampolo di cotone imbevuto di olio, creando così uno stoppino che coprì con un bicchiere capovolto, riempiendo poi il resto del piatto di acqua. Spostando il bicchiere su vari punti del piatto e, contemporaneamente, spostando il piatto su vari punti della mia testa, l’acqua ribollente avrebbe assorbito il calore, liberandomi dal malessere. Anni dopo, un’amica mi ha raccontato di come la sua famiglia siciliana la portò da una guaritrice per farle passare un fuoco di sant’Antonio recidivo agli antivirali. Nel mio caso, non ricordo se il rituale mi fece passare l’insolazione. La mia amica giura invece che, dopo essere stata segnata e toccata dalla guaritrice in modi ben precisi e con formule ripetute a mezza voce, la malattia finalmente le passò.
Questi ricordi sedimentati e aneddotici vengono oggi interpretati da molte persone con sarcasmo e scetticismo. Lo smantellamento della magia come sistema di rituali, credenze, cure e conoscenza del corpo (soprattutto femminile) e della natura, nonché come modo di vedere e interpretare il mondo è stato violento e irreversibile. Nel famoso saggio “Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione primaria” Silvia Federici argomenta la centralità che la distruzione della magia ha avuto nell’affermazione del sistema capitalistico, analizzando il fenomeno della caccia alla streghe, tanto in Europa quanto nei territori colonizzati del mondo. Colpendo di sovente ostetriche e guaritrici, la caccia alle streghe cancellò secoli di conoscenza che le donne avevano accumulato in relazione al proprio corpo, alla contraccezione e alla medicina più in generale, ridicolizzando pratiche tradizionali e saperi tramandati di generazione in generazione ed eliminando mestieri che avevano reso le donne indipendenti economicamente, nonché figure di rispetto e depositarie di saperi importanti all’interno delle proprie comunità.
Parlare di magia oggi ci espone più che mai al ridicolo: in fondo, soltanto i bambini possono credere che il mondo possa essere plasmato a proprio piacimento, che un rituale possa avere un qualsiasi effetto sulla vita di tutti i giorni. Credere nella magia è imbarazzante per chiunque voglia definirsi un* intellettuale: significa allinearsi con chi mette in dubbio la scienza, alla pari di creazionisti, terrapiattisti e altri affezionati delle teorie del complotto.
Eppure, nei tempi bui del nostro presente, diversɜ intellettuali e artistɜ guardano al pensiero magico e ai rituali come possibili metodi per ricostruire la realtà sempre più frammentata in cui viviamo.
In “Magia e tecnica", il filosofo Federico Campagna parte da un domanda esistenziale - che cosa dovrei fare di me stesso durante il cupo tragitto di questi tempi penultimi? - riflettendo su come l’immaginazione, l’azione o anche soltanto la vita e la felicità ci sembrano impossibili, poiché esse sono davvero impossibili all’interno dell’attuale configurazione della realtà.
Nel libro di Campagna, ad una puntuale decostruzione del sistema di realtà contemporaneo, fondato sulla tecnica in quanto assoluta strumentalità, viene contrapposta la magia, come unica struttura in grado di abbracciare l’ineffabilità della vita.
Nel mondo della tecnica, ogni cosa, comprese le nostre vite, è puramente un mezzo in funzione di un fine: la tecnica non mira ad uno scopo specifico ed escludente, bensì all’incremento indefinito della capacità di realizzare scopi. L’annientamento che proviamo è provocato direttamente dallo svuotamento di senso che la tecnica opera nelle nostre vite, portandoci ad una disperazione personale e collettiva che ci impedisce non soltanto di immaginare spiragli di differenza nelle nostre vite individuali, ma specialmente nell’architettura della realtà. In questo, Campagna si avvicina molto al lavoro di Mark Fisher, autore della celebre e verissima frase è più semplice immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo, nonché di puntuali analisi relative alla normalizzazione di patologie come ansia e depressione (di cui lui stesso soffriva), per cui vengono attuate soluzioni personali a problematiche che nascono invece da una mancanza di senso strutturale e sistemica.
Nel lavoro di Campagna, la magia rappresenta una totale alterità rispetto alla realtà in cui viviamo, avendo invece a che fare con quel regno di forze che appartengono alla categoria del misterioso e dell’invisibile e avvicinandosi pertanto all’esistenza e alla sua dimensione ineffabile. Il pensiero magico ci connette a ciò che sfugge a qualsiasi forma di definizione e di tentativo di catturarne l’essenza, ciò che non riusciamo a spiegarci del mondo, un residuo indissolubile che neppure la tecnica riesce a distruggere e che, secondo Campagna, permette di ricostruire un nuovo tipo di realtà.
La contrapposizione tra mondo della tecnica e pensiero magico emerge con tratti decisi e allo stesso tempo delicati nel lavoro dell’artista vietnamita Thao Nguyen Phan. Per esempio, nel video Becoming Alluvium (2019-in corso) [video disponibile su Mubi], l’artista parte dal collasso di una diga sul fiume Mekong, avvenuto in Laos nel 2018, che causò la morte e lo sfollamento di centinaia di persone nella remota provincia di Attapeu. Se la storia di sfruttamento ambientale irrispettoso della vita del fiume e delle sue comunità viene sviluppata tramite l’immaginario visivo, lo storytelling ruota invece attorno alla storia magica di due fratelli morti nell’incidente, che si reincarnano in un delfino sacro Irrawaddy (specie in via d’estinzione) e in un giacinto d’acqua (specie invasiva e distruttiva). Scene di sfruttamento del fiume sono contrapposte alla ricca vita delle comunità che lo abitano, mentre i racconti fantastici delle vite dei due fratelli si intrecciano per associazione, senza un ordine cronologico o un contenitore definito.
Nguyen Phan vede i suoi lavori come una situazione poetica in cui diversi tipi di materialità (o voci) possono convivere, non in assenza di conflitto, ma in una confusione poetica, aprendo la strada alla potenzialità di cercare il tangibile nell’intangibile, il reale nell’illusorio e l’illusorio nel reale.
Anche in First Rain, Brise Soleil (2021-in corso) [video disponibile su Mubi], reale e magico si intrecciano nella narrazione. Il video è costruito attorno al racconto in prima persona di un operaio edile che lavora a Saigon durante il boom costruttivo della filostatunitense Repubblica del Vietnam del Sud, intrecciandosi alla descrizione della tecnica tradizionale di costruzione dei mattoni brise soleil e concludendosi con la narrazione poetica della leggenda d’amore tra un uomo vietnamita e una donna khmer, che simboleggia la nascita del frutto durian. Il linguaggio onirico e il richiamo a miti e leggende diventa un contesto per evocare i traumi del colonialismo, della guerra, dei conflitti tra Vietnam e Cambogia e dello sfruttamento del territorio, tra boom edilizio e devastazione del fiume Mekong.
Nella pratica artistica di Nguyen Phan, il folklore, le storie tramandate oralmente e i racconti della quotidianità racchiudono un livello più alto di verità. Un ineffabile che, seppur ricco di elementi di fantasia, fa parte della coscienza collettiva.
Il pensiero magico opera in un mondo dall’essenza ineffabile, popolato da creature e fenomeni che non potremo mai capire fino in fondo, in un realtà composta da strati di significato e segni da cogliere, interpretare e raccontare.
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Un altro ricordo che lega la mia infanzia al pensiero magico è La smorfia, che mi divertivo a sfogliare a casa dei nonni nei lunghi pomeriggi di noia. Tra le pagine di questo libro, i numeri da 1 a 90 perdono il loro valore nominale e ne acquisiscono uno simbolico: qualsiasi evento della vita quotidiana oppure del sogno corrisponde infatti ad uno o più numeri, codificati in modo ben preciso, perché lo stesso oggetto può essere simboleggiato da numeri diversi, a seconda che si scommetta sulle corse dei cavalli (grande passione di mio nonno), oppure al lotto, al calcio, e via dicendo. Studiavo affascinata le piccole illustrazioni in cima alle pagine del libro e gli appunti di mio nonno, che si articolavano in una miriade caotica di scontrini, tovagliolini e piccoli pezzi di carta di ogni genere dove appuntava numeri su numeri. Qualsiasi elemento delle realtà o del sogno era per lui un segnale da cogliere, registrare, trasformare in numero e verificare, non attraverso una dimostrazione scientifica ma interrogando la sorte: hai mandato proprio a me il messaggio giusto? Che è un po’ come dire, hai scelto me per questo miracolo?
Lungi da me romanticizzare il gioco d’azzardo, ma la fiducia di mio nonno nella sorte e nel destino, oltre ad avermi sempre affascinata, credo rappresenti un punto importante in un discorso più ampio sulla magia. Se la magia dà a chiunque la pratichi la possibilità di interpretare i segnali del mondo a proprio piacimento, di sentirsi tutt’uno con la sorte e di creare denaro dal nulla (dall’alchimia al gioco d’azzardo, il passo è lungo ma il concetto di fondo lo stesso), allora la magia è anarchica e pericolosa. Secondo Federici, distruggere le pratiche magiche radicate nelle società europee diventò una condizione necessaria per l’affermazione del capitalismo perché, come affermò Francis Bacon, specificando che niente lo disgustava come l’idea di ottenere risultati senza duro lavoro e sudore della fronte, magic kills industry.
In questa lettura, il pensiero magico sarebbe quindi espressione di un irrazionale delirio di onnipotenza, di una volontà di controllare le cose per indirizzarle a proprio piacimento così da non dover fare lo sforzo di produrre e lavorare. Ma non è forse curioso che, più il capitalismo incolpa la magia di voler controllare il mondo, più finisce intrappolato nei propri meccanismi in cui tecnica, industria e scienza si uniscono per distruggere il mondo, pur di tenerlo imbrigliato in un controllo che permetta di estrarre da esso capitale e conoscenza?
La grande forza del pensiero magico risiede per me proprio nella sua consapevolezza che tutti i confini sono illusori, che il nostro controllo delle cose è scivoloso e provvisorio. Se è vero che il destino ci manda segni per aiutarci, è anche vero che di fronte all'incomprensibilità della sorte non ci resta che una manciata di riti e una grande accettazione di quanto non possiamo possedere.
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Il miracolo, di pari passo al concetto di magia, è stato scardinato e distrutto con l’avvento del protestantesimo e del pensiero illuminista: un dio imperscrutabile che interviene capricciosamente per aiutare alcuni pochi eletti tramite l’intervento di santi e angeli è un’aberrazione di qualsiasi senso razionale, a maggior ragione se questo intervento può essere propiziato dal fedele con voti, fioretti e indulgenze. Se oggi il miracolo è diventato una metafora, oppure un figlio sano del capitalismo (vedi alla voce, manifestare la propria realtà, libri di self help, vincere la lotteria), rimangono ampie parentesi di fede e ritualità dove la religione incontra il paganesimo. Riti, amuleti, sacrifici personali, voti e pellegrinaggi uniscono culture e fedi lontanissime e il miracolo sottende tutte queste pratiche con il desiderio di essere scelto, di dare parte di sé per ricevere qualcosa in cambio.
Nelle sue opere, l’artista haitiana Myrlande Constant riprende la pratica tradizionale del drapo Voudou, ovvero la creazione di bandiere come oggetti sacri e rituali nella religione locale. Storicamente, i drapo Voudou sono realizzati con perline brillanti di vetro e metallo e colori accesi, per invocare gli spiriti rappresentati; spiriti che, molto spesso, fanno da tramite tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, i cui confini sono labili e porosi. Nel lavoro di Constant, ad elementi del Voudou e del cristianesimo si mescolano anche elementi della cultura haitiana contemporanea, in un sincretismo in cui magia, religione e ritualità si compenetrano fino a diventare indistinguibili. Tutte le bandiere di Constant sono molto grandi, spesso più di due metri per lato, e vengono realizzate direttamente dall’artista con l’aiuto di alcune assistenti: un lavoro manuale, collettivo e di lunga durata.
Rituali, feste e oggetti sacri si trovano in ogni singola cultura e religione del mondo: l’organizzazione della cerimonia e della festa e la realizzazione di oggetti elaborati che vengono portati in processione, offerti alla divinità (e talora anche distrutti nel processo), sono attività che dall’inizio dei tempi hanno unito le comunità umane. A Palazzolo Acreide, in Sicilia, il giorno di San Sebastiano decine di fedeli sfilano scalzi in processione sotto il sole di agosto, per suggellare il proprio voto, oppure offrono i loro neonati nudi alla statua del santo, unitamente ad offerte in denaro, invocandone la protezione. Nel momento clou della festa, alle 13.00 (con il maggior caldo possibile), micce cariche di coriandoli e striscioni di carta vengono sparate dalla facciata della chiesa principale verso la piazza, cancellando per qualche minuto il cielo in un miscuglio di colori. Per tutto l’anno, la comunità del paese si raduna per tagliare migliaia di rettangoli dalla carta colorata e per avvolgere e incollare attorno ai chiodi le lunghe strisce di carta dei festoni. È questo, come ha commentato anche Silvia Federici in un’intervista relativa ai rituali per il dia de los muertos in Messico, che caratterizza una festa rituale: non si tratta solo di un momento di divertimento dove si beve e si mangia, ma soprattutto di un’occasione di consolidamento e re-significazione di che cosa significa essere una comunità.
In “La scomparsa dei riti”, il filosofo Byung-Chul Han scrive che i riti trasformano l’essere-nel-mondo in un essere-a-casa, fanno del mondo un posto affidabile. Essi sono nel tempo ciò che la casa è nello spazio. Rendono il tempo abitabile, anzi lo rendono calpestabile come una casa.
I riti sono azioni fortemente simboliche e prevedono una forte ripetitività e collettività; sono stabili nel tempo e tramandano le credenze e i valori di una comunità, aiutando il singolo a sentirsi parte di qualcosa di più grande e a trovare un senso nella propria vita. Han è particolarmente famoso per le sue critiche puntuali e articolate sulla frammentazione e l’individualismo prodotti dalla società neoliberista, caratterizzata dall’isolamento e dall’autosfruttamento, ma anche esente da anacronistiche nostalgie. Non è il ritorno al passato, ad una tradizione scomparsa, il punto del suo (e anche di questo) ragionamento, bensì la ricerca di tracce e ispirazioni verso un modo altro di esistere, di immaginare il mondo e di intendere la comunità.
Contrapponendo l’intensa attenzione che caratterizza la ripetitività dei riti nella loro funzione di stabilizzare la vita per mezzo della propria medesimezza, Han osserva che allo smartphone, l’oggetto cardine della contemporaneità, manca per l’appunto questa capacità. Il suo cambiare rapidamente non consente alcun indugio. L’inquietudine propria di questo tipo di apparecchio lo rende una non-cosa [e] il suo utilizzo diventa costrittivo, invece da una cosa non dovrebbe scaturire alcuna costrizione.

Nella performance Digital Exoterism (2021) [performance disponibile su Youtube] Ginevra Petrozzi re-interpreta la lettura dei tarocchi in chiave ipercontemporanea. Se nel rituale tradizionale la cartomante interpreta le carte estratte, l’artista utilizza invece lo smartphone dellǝ partecipante.
All’inizio della lettura, Petrozzi chiede di chiudere gli occhi, tenendo il proprio telefono tra le mani, per prendere coscientemente distanza dal mondo esterno, e di riflettere sul cellulare. Non si tratta solo di un oggetto che è con noi in qualsiasi momento della giornata, da quando ci svegliamo fino a quando andiamo a dormire, nonché quando riceviamo qualsiasi tipo di notizia, buona o cattiva; è anche un dispositivo fortemente permeato dalla nostra individualità, nonché un contenitore attivo di informazioni sulla nostra vita: chi siamo, chi sono i nostri amicɜ, dove ci troviamo geograficamente, che cosa compriamo, che cosa desideriamo e dove stiamo andando. Questi dati che compongono la complessità delle nostre vite vengono raccolti e analizzati dagli algoritmi di motori di ricerca, siti web e canali social per proporci contenuti e pubblicità altamente personalizzati. Nella sua pratica artistica, Petrozzi cerca di individuare che tipo di influenza questi sistemi di raccolta dati e di sorveglianza possono avere sul nostro presente e sul nostro futuro, utilizzando elementi del pensiero magico come strumenti nuovi di comprensione e di lotta al sistema capitalistico dei big data.
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Qualche mese fa mi sono imbattuta in uno scambio su X che mi è rimasto particolarmente impresso. L’autore del thread stava raccontando la propria esperienza di disillusione durante lo studio dell’economia all’università, tanto da aver deciso di cambiare completamente percorso; disillusione nata proprio da peculiari aspetti della disciplina che, con l’uso dei modelli algoritmici, è diventata sempre più complessa e basata su calcoli imperscrutabili. Alla risposta forse ironica di un utente, su come l’economia sia l'equivalente dell’astrologia per i ragazzi, l’OP ha risposto:

Questa risposta mi è tornata in mente riflettendo più in generale sul pensiero magico, che per millenni ha fatto sentire gli esseri umani a casa nel proprio mondo attraverso l’interpretazione dei segni della natura, l’accettazione del fato, i rituali e gli oggetti ad essi preposti, la presenza di comunità unite e di saperi popolari tramandati di generazione in generazione (Silvia Federici, nello specifico, evidenzia l’ancora maggiore importanza della magia in tutte queste declinazioni per la storia delle donne).
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Verso la fine di “Tecnica e magia”, Federico Campagna parla delle pratiche, prima sciite e poi adottate anche dai sunniti, di taqiyya e kitman, ovvero dissimulazione e velamento. Nei momenti di persecuzione per la propria religione, lɜ fedeli musulmani sono invitatɜ a nascondere e dissimulare il proprio vero credo, anzi addirittura autorizzati alla pubblica apostasia per evitare il martirio. Se il rinnegamento di quello in cui si crede potrebbe sembrarci come la più bassa ipocrisia, si tratta allo stesso tempo di una sofisticata strategia che non permette solo la sopravvivenza personale, bensì anche quella del credo che viene perseguitato. Per Campagna, dovremmo forse prendere esempio da taqiyya e kitman: se un’adozione universale della magia non è possibile, se esponendosi si rischia una grande ostilità senza portare beneficio alla causa, non resta altro che adottare il pensiero magico in nascondimento, trovando nuove categorie per raccontare, immaginare ed agire nel mondo.
✨✨✨ testi citati
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Federico Campagna, Magia e tecnica, Tlon, 2021
Silvia Federici, Caliban and the Witch. Women, the Body and Primitive Accumulation, Penguin, 2004 (edizione italiana)
Byung-Chul Han, La scomparsa dei riti. Una topologia del presente, nottetempo, 2022
On re-enchantment and chi’xi. A conversation between Silvia Federici and Silvia Rivera Cusicanqui, moderated by Manuela Hansen, pubblicata nel catalogo della 59esima Biennale Arte, 2022
🍒 Ciliegie EXPANDED
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It’s a *girl* summer
Dopo che la notizia è arrivata anche al TG1 possiamo dire con certezza che siamo tuttɜ nella brat summer. Dalla farmacista virale su tiktok ai tentativi di rebranding di Kamala Harris, passando per momenti di vera iconicità e sudore, il nuovo album di Charli xcx ci ha liberatɜ sia dall’incombenza della perfezione e della vita salutare della clean girl aesthetic, sia dalla pressione della hot girl summer. Siamo stanche amɜ. Ci sono 40°, viviamo in lande cementificate, lasciateci fare schifo in pace. O forse no?
Perché se l’essere brat è arrivato come una ventata di aria fresca per farci uscire dal loop dei matcha latte e del journaling, è anche presto diventata l’ennesima etichetta con cui incastrarsi in categorie strette e posticce a cui vendere l’ennesima crema, borsa o paio di occhiali (veloci). Visto che non siamo qui per identificare i target di mercato per altrɜ, abbiamo deciso di mischiare le carte e fare una nostra categorizzazione random e inutile dellɜ ragazzɜ dell’estate per condividere un po’ di cose che ci sono piaciute e che potrebbero piacere anche a voi e divertirci immaginando tutte lɜ ragazzɜ che vorremmo essere, siamo statɜ, potremmo diventare (potremmo essercele inventate di sana pianta? potremmo). Anche perché alla fine la cosa importante è ricordare alle tue amichɜ quanto sono bonɜ, qualunque girl siano.
Brat girl
La ragazzǝ brat è caotica, veste yk2, fuma sigarette e fa festa fino al mattino. Non lǝ interessa trascorrere le ore a riprendersi mentre fa il balletto di Apple da postare su instagram (che cringe), ma passa l’estate a (ri)leggersi la bibliografia di Sheila Heti, soprattutto La persona ideale, come dovrebbe essere?, Maternità e Alphabetical Diaries (quest’ultimo solo per brat anglofonɜ perché purtroppo non ancora disponibile in traduzione). Muovendosi tra insicurezze profonde, sesso, egoistica risolutezza, crisi sulla propria vita ed epifanie acutissime, le protagoniste di Heti incarnano perfettamente le contraddizioni della brat girl. La scrittura è sperimentale, così come lo sviluppo delle storie: una filosofia di vita che abbraccia il caos, un’intuizione sul fatto che la maggior parte delle cose siano in realtà da prendere come uno scherzo (eccetto le cose che non sono una scherzo, ma, oltre a quelle, tutto il resto è uno scherzo).
Abbracciando le proprie contraddizioni, la ragazzǝ brat fa festa fino alle 6 del mattino ma passa il pomeriggio successivo a leggersi La società della stanchezza di Byung-Chul Han, perché la consapevolezza dell’autosfruttamento che siamo chiamatɜ a performare nella società contemporanea deve sempre venire prima di tutto, o Speculative Communities di Aris Komporozos-Athanasiou per avere qualcosa di tagliente ma abbastanza filosofico con cui smontare il prossimo bro in finance (6'5, trust fund, blue eyes). Mentre qualcunǝ ancora si scandalizza per la cintura di Playboy e la tuta di ciniglia, la brat rivendica il kitsch e recupera l’ultimo numero di Not sulla pornocultura.
Mente sana ok, ma quando andiamo a ballare? Ovviamente se la brat girl non è riuscita a volare ad Ibiza recupera il set della sua creatrice (o dovremmo dire madre come la gen z? oddio), continua a riascoltarlo su YouTube. In rotazione su spotify Alice Longyu Gao, Shygirl e Rico Nasty.
Il giorno dopo giornata tranquilla in casa in boxer ascoltando l’ultima puntata di Giggly Squad, controllando i nuovi contenuti di Baci da AWI 💋 (perchè la ragazzǝ brat è molto probabilmente un’ennesima lavoratorǝ culturale disperatǝ), ascoltando Contrapoints e Matt Bernstein che si interrogano sull'intersezione tra mondo LGBT e conservatorismo, guardando la mini-serie Agnes Varda: From Here to There (quando si rinnova per l’ennesima volta l’abbonamento di Mubi per sbaglio), oppure cliccando ossessivamente su caselle digitali. Per giornate tranquille ma stimolanti, passeggiata al Macro di Roma per la mostra su Patrizia Cavalli oppure a Venezia per NEBULA, mostra di videoarte organizzata da Fondazione In Between Art Film in occasione della Biennale Arte 2024.
Ma soprattutto: è ancora brat definirsi brat?
Polly pocket girl
Secondo alcuni video di trend forecasting che girano su Instagram e TikTok, la prossima estate sarà il trionfo della polly pocket girl, anticipato dalla rapidissima ascesa della pop star Sabrina Carpenter e forte anche dell’annuncio di un film sulla mini bambola del cuore che avrebbe dovuto essere diretto dalla controversa Lena Dunham e con protagonista Lily Collins, ovvero l’amata-odiata Emily (in Paris). La ragazzǝ polly pocket è quello che in Veneto chiamano ‘bronsa coverta’, quellǝ tipǝ minutǝ e carinǝ che sembra essere appena scesǝ dal suo unicorno ma che in realtà vuole dare fuoco a tutto.
Una polly pocket girl pionierǝ (per quanto non sappiamo nulla della sua altezza, ma a questo punto il dettaglio è trascurabile perché quello che conta è lo spirito battagliero) è la protagonista de L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Mai estate fu più perfetta per rileggere - o, a maggior ragione, per leggere - uno dei libri più articolati nel proprio racconto di una donna sfaccettata, indipendente, scomoda, difficile e capace di distruggere tutti i paradigmi. Dalla discriminazione di genere al colonialismo, la ragazzǝ polly pocket non conosce interruzioni nella sua furia contro un mondo ingiusto. Non dimenticare chi sei di Yaa Gyasi è il romanzo giusto per mettere in discussione, attraverso storie personali in Ghana e USA, tutto quello che pensavamo di sapere sull’esperienza del colonialismo, neocolonialismo e razzismo, dai tempi della tratta degli schiavi fino alla contemporaneità.
I suoi saggi preferiti parlano di smantellamento del capitalismo. In Le cose che abbiamo. Essere e avere alla fine del mondo di Eula Biss memoir e critica si uniscono in un’acuta riflessione sulle cose che possediamo e sul modo in cui esse possiedono noi, parlando senza tabù di soldi e produzione artistica (ma voi sapevate che Virginia Woolf odiava le sue domestiche? Altro che una stanza tutta per sé). Per letture più veloci, la polly pocket spazia anche tra analisi sociologiche sul mondo del lavoro precario e l'emergenza abitativa (lette tra un call e l’altra nel suo monolocale massimalista) e profili di icone tragiche ingiustamente stigmatizzate nella cultura pop.
Anche se i contorni tra vita e lavoro sono ormai ambigui quando non sovrapposti, la polly pocket girl sa come indugiare nel dolce far niente. La sua pagina dei Per Te di Tiktok è sempre piena di storytime a tema cronaca nera o analisi culturali sugli scandali del momento, come la storia di Ballerina Farm. Ascolta il Tiny Desk Concert di Chappell Roan o Dov’è Liana e Sarah Maison per i momenti più brillanti. Guarda classici contemporanei come Ragazze a Beverly Hills o commedie ciniche come France di Bruno Dumont, o una video-analisi di Ilenia Zodiaco mentre decora le sue tazze di ceramica. Nei momenti ragazzǝ-di-città va a Villa Medici a visitare le mostre di Louise Bourgeois e deɜ borsistɜ, a guardare i piccoli mondi di Marko Tadić al PAV oppure a perdersi nelle società immaginarie di Miranda July all’Osservatorio Fondazione Prada di Milano. Nel caso in cui vi capitasse di essere in giro con unǝ ragazzǝ polly pocket, speriamo per voi che la vostra tecnica fotografica sia all’altezza dei suoi outfit colorati e pieni di dettagli simpa (qui consigli un po’ per tuttɜ, che la difficoltà è condivisa).
Lover girl
All’apparenza con la testa sulle nuvole e tradizionalista, tra una sigaretta e un sorso di spritz bianco la lovergirl racconta poeticamente della propria sessualità super libera, mentre ti cucina il pasto più buono che tu abbia mai mangiato, preparato con le verdure del suo orto. Pensare alla lovergirl come una creatura accondiscendente in virtù della sua calma sarebbe un grave errore, perché la sua notevole cazzimma viene fuori in qualsiasi situazione in cui si debba confrontare con l’ingiustizia e le assurdità della vita moderna. Le sue muse sono Maggie Nelson (specialmente con Bluets e Gli Argonauti) e Olivia Laing (Crudo, ma anche il recentissimo Il giardino contro il tempo). Come la protagonista di Manuale di caccia e pesca per ragazze di Melissa Bank, la lovergirl affronta liberamente i propri desideri di amore e sesso, senza mai perdere se stessǝ; come Michelle Zauner nel memoir Crying in H Mart, non ha paura delle proprie emozioni ma le vive apertamente, abbracciando tutte le proprie vulnerabilità (questo libro vi farà piangere come pochi altri che avete letto prima - piccola nota seria: sconsigliato se avete avuto lutti recenti nella vostra vita). Quando non è in vena di lacrime vira invece verso le riletture di Carla Lonzi, sputando su Hegel e un po’ su tuttɜ.
Avere le radici profondamente salde nel mondo e nelle proprie origini è fondamentale per la lovergirl, che si ritrova appieno in un libro a metà tra saggio, poesia e fiction come Small bodies of water di Nina Mingya Powles (questo solo per le lovers anglofone) o nell’analisi dell’ecofemminismo magico di Silvia Bandera. Per quando leggere non basta più, si può sempre camminare perdendosi tra i rumori della natura, visitare le opere nei borghi di Una Boccata d’Arte, o rifugiarsi nel fresco di Fondazione Prada Milano tra le creature di Pino Pascali.
Quale girls ci sentiamo di più noi? Probabilmente questo gatto qui.
P.S.: tutti i link inclusi in questo articolo sono link di cortesia, ovvero privi di affiliazione.
Prendendo spunto da Matilda (una delle nostre newsletter del cuore 💛) per i link di acquisto dei libri privilegiamo Bookdealer, sito dove è possibile acquistare direttamente da librerie indipendenti italiane che aderiscono all’iniziativa; per i libri in inglese, dove non disponibili sulla piattaforma, abbiamo incluso link da ibs.it oppure LaFeltrinelli. Per un’esperienza ancora più idilliaca, consigliamo visita alla tua libreria indipendente di fiducia dove prenderai almeno un altro libro che non era in programma, ma la vita è una sola (anche se la pila sul comodino no) + vinello al tramonto.
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Noi siamo arrivate alla fine di questo diciottesimo numero di Interstizi.
Grazie per essere arrivatə fin qui, per averci letto, per averci dedicato del tempo.
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Interstizi è un progetto a cura di Fabiola Fiocco e Giulia Pistone.
💕 è sempre incredibile leggervi! Small Bodies of Water appena inserito nella lista dei da leggere!