Benvenutə all’undicesimo numero di Interstizi,
una newsletter occasionale che nasce dal bisogno di mettersi insieme, di condividere riflessioni e pensieri fuori da uno spazio predefinito. Una piattaforma informale di confronto e di ricerca su arte, cultura pop e attualità che speriamo possa aprirsi nel tempo a tanti punti di vista e modalità espressive diverse. Uno spazio fisico e mentale per germogliare, condividere quello che ci sta a cuore, raccontare e raccontarsi, trovare la propria voce ma anche lanciarsi in qualche sano rant.
In questo numero ci siamo lanciate in un’apologia appassionata del gossip, in tutte le sue forme e ramificazioni. Abbiamo creato per voi il test dell’estate, perché cosa c’è di più estivo del contare se abbiamo una maggioranza di A, B o C per poi dire Dai sì, un po’ ci ha preso. Vi parliamo infine del lavoro di Nora Turato e ci salutiamo con qualche ciliegia da usare per fare colpo sulle vostre crush d’ombrellone.
Buona lettura! 🌿
Fabiola & Giulia
Panorama
Che resti tra me e te
La scorsa estate sono tornata a casa per le vacanze, dopo mesi di grande tensione e qualche crollo nel reparto surgelati. All’ennesima richiesta di un articolo, mi sono chiesta di cosa volessi davvero parlare e ho deciso di tornare a ragionare su quella che ho capito essere una mia grande passione. Mi sono messa al PC e ho cominciato a mettere insieme riflessioni maturate nel corso degli ultimi anni su una pratica ancestrale quanto attuale: il gossip. In questi mesi poi ho ascoltato un podcast bellissimo dedicato al gossip, consigliato da una vecchia conoscenza di Interstizi (grazie Ale <3) e che potete trovare tra le ciliegie. All’inizio di ogni episodio, l’host chiede all’invitatǝ del suo rapporto con il pettegolezzo e nell’ascoltare le loro risposte mi sono riconosciuta, ho rivisto alcune persone e situazioni a me care, e ho trovato nuove e vecchie prospettive. In questo numero voglio dunque riprendere e tradurre alcune parti di quel testo e ampliare il discorso includendo ulteriori riflessioni e scambi avuti nell’ultimo anno.
Sono nata e cresciuta immersa nel taglia e cuci, parte integrante della cultura di paese e del mio panorama sonoro. Le signore che parlano dai loro balconi al mattino presto; i clienti che si fermano a chiacchierare davanti l’alimentari; il giro assurdo che storie e persone fanno prima di tornare al mittente originario e i percorsi a ritroso per capire chi-ha-detto-cosa-a-chi. Non sono mai stata una grande divulgatrice di gossip, anzi sono molto selettiva nei contesti e nelle persone da includere nel mio cerchio della fiducia (lol). Sono però una grande ascoltatrice ed estimatrice. Adoro il momento di raccolta, l’avvicinarsi del corpo o della sedie appena si annuncia una novità, un segreto, una storia. Ora che le parole sono sempre più parte del mio lavoro, mi sono resa conto del cambiamento sostanziale avvenuto nel modo in cui mi relaziono ad esse e il diverso valore che hanno cominciato ad acquisire. Sempre più produttivo e funzionale e sempre meno immaginativo e affettivo. Parole scelte con accuratezza e attenzione per trasmettere un'idea, per svolgere un compito, per rispettare una scadenza. Sorprendentemente però la risposta a questo sovraccarico di informazioni non è stata il silenzio. Mi sono infatti ritrovata a parlare, per ore e ore, senza altro scopo se non il piacere della convivialità e della presenza reciproca. Parlando con la mia famiglia, amicз e vicinз ho avuto la possibilità di apprezzare nuovamente la grande arte del parlare del nulla, sentendomi di nuovo più connessa a me stessa e allз altrз.
Tradizionalmente associato al dominio femminile, il pettegolezzo è stato di conseguenza sminuito, quando non addirittura condannato e demonizzato. Considerato una forma di discorso triviale e improduttivo - ricalcando così la dicotomia tra produzione (maschio) e riproduzione (femmina) - il pettegolezzo è stato relegato ad un’attività frivola, domestica, talmente meschina da dover essere negata o nascosta. Questa ambiguità però contrasta con la popolarità del gossip come prodotto mediatico, che viene trasmesso attraverso riviste, profili social e trasmissioni TV. Intrisз nella morale cattolica, il gossip ci disgusta (o dovrebbe) e ci intrattiene. Come andrò ad analizzare di seguito, il gossip ha una forte connotazione amorale che definisce in negativo chi lo fa e chi ne fruisce. Inoltre, come è possibile notare partendo dai prodotti culturali ad esso dedicati, nel gossip c’è una fortissima componente di genere, che riafferma l’idea che spettegolare è una cosa da donne.
Nel libro Witches, Witch-Hunting, and Women (2018), Silvia Federici ripercorre la storia del gossip, descrivendone l'evoluzione dal Cinquecento al Settecento, parallelamente all'esclusione delle donne dalla sfera pubblica e al rafforzamento dell'autorità patriarcale e del capitalismo. Nel medioevo il termine inglese 'gossip' era ancora prevalentemente utilizzato per indicare un padrino o far riferimento ad amicizie femminili, e pur comportando già una forte componente emotiva, mancava della sua attuale connotazione peggiorativa. Nelle commedie teatrali o nelle canzoni popolari il tema delle donne che si ritrovavano a bere e spettegolare era un topos molto frequente, segno di quanto questa pratica fosse comune all’epoca. A questa libertà relazionale corrispondeva un potere e una determinata posizione sociale. La condanna del gossip, scrive Federici, è da contestualizzare dunque in un più generale attacco alle donne con l'obiettivo di abbattere l'amicizia e il collettivismo femminile, che erano visti come una grande forma di solidarietà, cooperazione e forza. Così, nel XVI secolo si comincia a diffondere nella società e nella cultura popolare una diversa rappresentazione e opinione rispetto al pettegolezzo, che diviene un’attività inopportuna, moralmente abietta e da punire in modo esemplare, tanto che nello stesso periodo cominciano ad essere utilizzati i branks - uno strumento di tortura atto a bloccare la testa e la bocca di una persona, rendendo estremamente doloroso parlare - per punire donne insubordinate, che si dedicavano a tale pratica. Una storia contenuta ancora oggi anche nella sua traduzione italiana, in cui è conosciuto come mordacchia o bavaglio di ferro, ma anche come briglia della comare, un’espressione estremamente violenta che rimarca sia la disumanizzazione della donna (briglia) e sia l’origine genderizzata di questo strumento punitivo.
La descrizione riportata da Federici esprime con forza il potere radicale del gossip e il modo in cui questo ancora oggi rappresenta non solo un momento ludico ma un vero e proprio strumento di tutela informale. Soprattutto all’interno di gruppi marginalizzati, il pettegolezzo può sopperire alla mancanza di canali comunicativi ufficiali e aiutare o prevenire situazioni pericolose. Ricordo ancora come qualche anno fa, in un momento di frenetica ricerca di lavoro, stessi considerando l’idea di presentare il mio curriculum ad un’istituzione mediamente famosa nel campo dell’arte contemporanea. Guardando il loro sito avevo però avevo provato un leggero disagio, qualcosa non mi tornava. Avevo così deciso di chiedere a qualche amica informazioni in merito e diverse di loro mi avevano messo in guardia rispetto alla direzione dell’istituzione, raccontandomi di diverse situazioni di molestie. Un giro di messaggi che avevano confermato la mia sensazione iniziale e mi avevano evitato di ritrovarmi in situazioni spiacevoli - per così dire. Questo episodio mi è tornato in mente durante una conversazione con il collettivo Art Goss. Nato nel 2020, a seguito dell’ondata di rabbia prodotta dall’inchiesta del NRC sulle violenze e gli abusi sessuali commessi dall’artista olandese Juliaan Andeweg e sul modo in cui le istituzioni avevano (e hanno?) continuato a proteggerlo nel tempo, il collettivo parte proprio dal lavoro di Federici e da un utilizzo del gossip come arma di tutela e resistenza. Come ben riassunto nel loro primo post:
«Silvia Federici scrive che gossip deriva "dai vecchi termini inglesi God and sibb (akin), "gossip" originariamente significava "padrino". E se il gossip potesse essere un padrino per il mondo dell'arte? Le ultime settimane hanno dimostrato che c'è uno stridente bisogno di più pettegolezzi nel mondo dell'arte. I pettegolezzi ci tengono al sicuro; spettegolare può prevenire danni; i pettegolezzi possono avvertirti di predatori, ladri e "wangedrag" 🤮, leader istituzionali corrotti e bullismo sul posto di lavoro. Il pettegolezzo "trasmette le conoscenze acquisite", "crea un'identità collettiva" e "fa di più che costringerti a far fronte" (<3 u Silvia)»
Se le istituzioni non ci tutelano, se le denunce non portano a nulla, se rischiamo sistematicamente di non essere credutз o di anzi essere derisз quando non addirittura denigratз, il gossip diventa il mezzo attraverso cui creare una rete di informazione e supporto che mira a denunciare, avvertire e prevenire.
Concepito come un progetto artistico-curatoriale, nel tempo Art Goss ha perso la funzione di denuncia, pur continuando a svolgere un importante lavoro di critica istituzionale realizzato attraverso gossip e meme. Questa combinazione tra linguaggio dei meme, pettegolezzi e ironia è alla base di una nuova modalità di analisi e critica politica e socio-culturale, portata avanti soprattutto da giovani e minoranze che non hanno accesso a canali comunicativi più ufficiali o mainstream. Sovvertendo la gerarchia di fonti e linguaggi, si creano nuove dinamiche di potere e alleanze che non aspirano all’inclusione ma all’implosione delle categorie esistenti.
A causa della sua scarsa reputazione, il pettegolezzo è stato a lungo trascurato da studiosз e teoricз. Negli anni '60, quando la sociolinguistica iniziò a spostare la propria attenzione su forme di comunicazione ‘minori’, diversi studi iniziarono a riconoscere il valore sociale e relazionale del gossip, mettendone soprattutto in luce la funzione moralizzatrice e dunque oppressiva. In opposizione a questa visione, la linguista Jennifer Coates (1989) evidenzia nel suo studio delle conversazioni al femminile il valore sociale del pettegolezzo, utilizzato come strumento di solidarietà e unità. Inoltre, Coates sostiene che il pettegolezzo, o "discorso femminile dietro le quinte", potrebbe essere visto come uno strumento di ribellione per mezzo del quale le donne riescono a rompere i vincoli sociali di gentilezza, obbedienza e gentilezza.
Considerando la portata radicale del gossip, non stupisce dunque come questo sia stato totalmente assorbito e addomesticato nella cultura popolare. Pur essendo ufficialmente denigrato, il pettegolezzo è presente in ogni dibattito politico e culturale. Regola il modo in cui le notizie vengono filtrate e riportate. Definisce il modo in cui i rapporti politici vengono rappresentati e contestualizzati nel discorso pubblico e privato. Il gossip viene utilizzato come arma di attacco e ostracizzazione, ad ogni livello della società, ed è spesso più facile intaccare la reputazione di una persona indagandone e giudicandone la vita privata piuttosto che il suo operato [e questo mi ricorda che sì, dovremmo tuttз scusarci con Monica Lewinsky]. È dunque necessario riappropriarsi del gossip come una pratica politica, etica ed anti-economica.
Nonostante sia stato assorbito dai media, diventando un prodotto di consumo, da cui trarre profitto attraverso tabloid, docuserie e programmi TV, il gossip mantiene ancora il suo potenziale radicale. Essendo intrinsecamente un'attività inefficiente e indolente, il gossip ha la capacità di generare spazi di relazione che sfuggono ai processi di produzione e consumo. Nell'economia del lavoro immateriale, le chiacchiere diventano uno strumento fondamentale per costruire la propria identità professionale; ogni interazione assume un valore reale o potenziale, che si esprime in termini di networking e capitale reputazionale. Questo ci richiede perciò un lavoro costante di autocensura e autodisciplina, perché potremmo essere in presenza di un potenziale cliente, collega o datore di lavoro; ci autoregoliamo per essere sempre la versione migliore di noi stessi, quella più commerciabile e redditizia. In questo contesto, il gossip potrebbe dunque diventare un'attività antisociale e antieconomica nella misura in cui contrasta la pressione sociale di essere sempre gentile e piacevole. In questi momenti effimeri di condivisione, possiamo essere scorrettз e inappropriatз, abbandonando l’immagine patinata di noi stessi con cui ci vendiamo all’esterno. Spettegolare diventa così un modo per instaurare momenti di scambio improduttivi, interferire con una visione utilitaristica delle relazioni, e riappropriarsi del proprio tempo e dei propri saperi, tramandati e condivisi attraverso reti analogiche informali.
Inoltre, il passaggio al lavoro da remoto e lo spostamento online di conferenze, lezioni ed eventi ha dato a moltз l'opportunità di avere accesso a una quantità sorprendente di contenuti e informazioni da tutto il mondo. Questo ha creato un contesto particolarmente favorevole all'ascesa dei social network basati sull'audio, come Clubhouse o Cappuccino, e al proliferare di trasmissioni live e podcast, capaci più di altri formati digitali di rispondere al crescente bisogno di convivialità e contatto umano. Come giustamente notato da Tanya Basu sulla MIT Technology Review (2021), nell'era del distanziamento sociale e dell'isolamento, l'audio è riuscito a creare un ambiente più intimo e confortevole. Un fatto ancora più evidente ora che il ritorno ‘al reale’ ha causato il venire meno di queste piattaforme o almeno una significativa diminuzione nei tempi di utilizzo. Inoltre, pur rispondendo ad un bisogno umano/affettivo, la natura e struttura di questi spazi digitali fa in modo che ogni interazione avvenga in un ambiente controllato e orientato al profitto, all’interno di situazioni nate per uno scopo specifico e generalmente registrato e/o pubblicato. Personalmente, questo ha comportato la sensazione di trovarsi perennemente di fronte a un pubblico, anche in contesti apparentemente informali.
Figliз involontariз della società della performance, voglio celebrare il gossip come strumento di alleanza e liberazione. Fuori dagli studi televisivi patinati, le urla sguaiate e le recriminazioni, voglio apprezzarne la dimensione intima e familiare. L’entusiasmo della novità. Il potere della narrazione. La fiducia, la vicinanza e l’imbarazzo. Concludo dunque con un invito a perderci nel pettegolezzo, tramando insieme con attenzione e cura reciproca. Io sarò sicuramente in ascolto, tanto tranquillз, resta tra me e te.
Xoxo
Speciale: IL test dell’estate
Non è estate senza test da fare sotto l’ombrellone (o dove vuoi tu). Nella grande tradizione di Top Girl, Cosmopolitan e Cioè, abbiamo deciso di proporvi il nostro super test per capire che basiconǝ estivǝ sei. Accettando e abbracciando il potere dei clichè, noi abbiamo già fatto un piccolo esame di coscienza e possiamo dirvi che non possiamo andare in vacanza insieme💧
Che summer basic bitch sei?
Arriva il primo caldo e tu...
Ombra e spleen
Teva e scogli
Friggitrice ad olio
Prendisole, cappello di paglia e leggiadria
Amæ d’ombrellone...
Haraway e critical theory a rappresentanza
Sara Ahmed
Dolly Alderton e dubbi su questa storia del diventare grandз
Ossi di seppia
Fuga dalla città...
In una cascina nel centro italia
Rotta balcanica
Ovunque ma nudǝ
Barca a vela
La cassa spinge...
L'impératrice
Fela Kuti on repeat
Tormentoni estivi in modo ironico (o no?)
Born to die e musica leggerissima
Ormoni estivi…
Wake me up when September ends
Mordi e fuggi
Vamos a bailar (esta vida nueva)
Bagno di mezzanotte
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Maggioranza di A
Affronti l’arrivo dei primi caldi (sempre più in anticipo e sempre più violento) come un’ingiustizia divina e te ne lamenti con chiunque ti stia a sentire. A qualsiasi obiezione rispondi con l’evergreen: con il freddo puoi sempre aggiungere degli strati in più, ma con il caldo non puoi mica strapparti via la pelle. Le temperature estive non rientrano nella tua fantasia urbana, costringendoti a riconsiderare i tuoi outfit in gradazioni del nero e la tua frangetta. Prontǝ a scappare in nord Europa, la crisi climatica renderà sempre più difficili anche queste fughe scandinave. Nel dubbio, Polase, posizione delle gambe al muro, ventilatore e cappellino sono i tuoi migliori amici.
Maggioranza di B
L’estate non fa che esacerbare il tuo spirito da donna avventura: tra arrampicate, concerti e lanci con il paracadute, lз amicз ti osservano incredulз mentre imperterritз organizzi il prossimo trekking con 40 gradi all’ombra. Animale da campeggio e da feste con gavettoni, non temi neppure gli insetti che abbondano in questa stagione: si può sempre contare su di te per scacciare la cavalletta gigante di turno o le vespe che girano attorno alle birrette. Insegnaci la vita e il compost.
Maggioranza di C
Come una cicala esci dalla tua crisalide non appena il termometro supera i 35 gradi: sudore e colpi di calore ti danno alla testa, rendendoti iperattivǝ e prontǝ a festeggiare con glitter e abitino di lamé dorato anche il compleanno di zia Lucia. Un po’ figliǝ delle stelle, un po’ attivistǝ della quarta ondata, è difficile trovarti con più di 100 grammi di vestiti addosso e senza un drink in mano. Continua a brillare amicǝ e #freethenipple sempre
Maggioranza di D
Come Lana del Rey, le giornate afose ti gettano in una summertime sadness fatta di tramonti nostalgici, musica lenta e romanzi strappalacrime. Ogni anno ti riproponi di partire per un lungo viaggio da solǝ, ma alla fine non riesci a scappare dalla stessa spiaggia, stesso mare, dove vai in vacanza da quando avevi cinque anni. La tua malinconia finisce per far colpo sul romanticǝ di turno e, dopo notti trascorse a rivangare ricordi di lunghe giornate estive dell'infanzia, passi l’autunno a piangere per la perdita dell’ennesima anima gemella 💔
Profilo
Nora Turato
Mi ricordo bene il mio primo incontro con il lavoro di Nora Turato. Era l’estate del 2018, particolarmente piovosa e tropicale, e avevo preso un autobus che da Siracusa mi aveva portata a Palermo, attraversando un insolitamente verdeggiante entroterra siciliano, per visitare Manifesta 12.
Il lavoro di Turato, nello specifico, era allestito all’interno del seicentesco Oratorio di San Lorenzo. Al centro dello spazio l’artista aveva disposto una struttura scultorea di metallo nero che richiamava, simultaneamente, panchine costruite da qualche architetto contemporaneo amante degli ambienti ostili; una cancellata e la sua sensazione di imprigionamento; e un confessionale, con le sue grate laterali che nascondono il volto di chi si rivela ma lasciano trapelare il suono delle parole.
Intitolata i’m happy to own my implicit biases (malo mrkva, malo batina), l’installazione funzionava come un dialogo impossibile tra Turato e le reiette, o donas de fuera, donne siciliane che venivano marginalizzate, processate e imprigionate dall’Inquisizione spagnola per via dei loro comportamenti o costumi giudicati fuori dagli schemi. L’ambiente era ulteriormente animato da un elemento sonoro: sussurri, brandelli di queste conversazioni immaginarie, espresse dalla performance creata da Turato per il lavoro (che io non ho però avuto la fortuna di vedere di persona).
La performance è una pratica molto presente nel lavoro di Turato. L’artista parla, canta, urla, sussurra, utilizza la voce in tutte le sue variazioni più aggressive e tremolanti e il proprio corpo come elemento di scena, indossando outfit appariscenti e scarpe spesso molto alte e impossibili. In i’m happy to own my implicit biases Turato sussurra brandelli di frasi, alcune assomigliano a confessioni intime - ‘and of course I worry, because the things you worry about aren’t supposed to happen: that’s what worry does’* -, mentre altre suonano più come slogan presi da qualche post di Instagram, - ‘Sentiment is ok, sentimentality is not’**.
[*e certo che mi preoccupo, perché le cose per cui ti preoccupi non possono accadere: è il modo in cui agisce la preoccupazione
**il sentimento va bene, la sentimentalità no
La parola è sicuramente l’elemento centrale della pratica di Turato: scritta, parlata, mescolata, recitata, travolgente. Tutti i suoi lavori finiscono per ricalcare la natura complessa e schizofrenica del flusso di informazioni che ci è ormai familiare nell’epoca di internet: inarrestabile, frammentato e spesso assurdo. Siamo ormai così abituatз al codice comunicativo di internet (social media, blog, sezioni per i commenti, forum, articoli online, clickbait e tutto il resto) che il linguaggio utilizzato da Turato nei suoi lavori ci arriva come particolarmente familiare, con i suoi slogan appariscenti e i frequenti cambi di tono e di argomento. I suoi lavori ci collocano in uno spazio scomodo anche per quanto riguarda l’autenticità: non sappiamo fino a che punto l’artista stia recitando oppure confessando, fingendo oppure mostrando una parte davvero intima e autentica del suo pensiero. Un’ambiguità molto contemporanea che, ancora una volta, ci riporta alla comunicazione online.
Oltre alla performance, su cui torneremo più avanti, la pratica di Turato abbraccia il graphic design, attraverso la creazione di quadri e grandi murales in cui slogan, frasi e frammenti vengono riportati su diverse tipologie di sfondi.
In A Festival of Consent (2018), Turato ha trasformato gli spazi di LambdaLambdaLambda, la galleria di Pristina che la rappresenta, con wallpaper che richiamano la natura delle sue performance: frammenti, parole a cascata, e slogan che riprendono il codice grafico perentorio riportato sui pacchetti delle sigarette per avvisarci dei rischi del fumo.
Anche in questo caso, quello che rende il suo lavoro così straordinario è l’efficacia con cui Turato riesce, utilizzando grafica e installazione, a riprodurre il flusso travolgente, insensato e senza sosta di conversazioni, opinioni, slogan motivazionali, pubblicità, informazioni, articoli, gossip ecc. che caratterizza la nostra esperienza online quotidiana, a cui siamo talmente assuefatti da non fare più caso a quanto sia paradossale nella sua frammentarietà e nella mescolanza di serio, tragico, divertente e ironico, separato solo da pochi millimetri di schermo e da qualche leggero movimento del nostro pollice.
La creazione di libri è un altro elemento importante nella pratica artistica di Turato fin dal 2017, quando l’artista ha iniziato la serie pool. Il libro diventa un contenitore per raccogliere testi e frammenti da diverse fonti come articoli online, video di youtube, conversazioni avute di persona, campagne di marketing, ecc., presentandoli con un attento occhio grafico. I libri mostrano anche il processo di ricerca di Turato, che da questa selezione iniziale estrapola frammenti da includere nei copioni delle sue performance.
Il progetto pool4 avrebbe dovuto essere presentato al MoMA di New York nel 2020 ma la parte performativa è stata rimandata a causa dei lockdown per contrastare il Covid-19. Turato ha quindi continuato la sua raccolta di materiale fino alla produzione di pool5, presentato sempre al MoMA nella primavera del 2022 in forma di libro e di una performance. Sono 25 minuti densi, in cui l’artista inizia raccontandoci del suo nuovo business (chiaramente fittizio) in cui vende ‘degli snack qualsiasi ma con proteine aggiunte’, per passare subito ad una miriade di argomenti, dai piani marketing delle grandi aziende alla sicurezza dei nostri dati personali, e dal giubileo della regina Vittoria all’impatto del settore petrolchimico sul mercato azionario. Ciascun argomento dura qualche minuto, giusto il tempo perché il pubblico inizi a capire di cosa Turato sta parlando, prima di passare ad una tematica completamente diversa. L’intento non è quello di comunicare nuove informazioni, o di indagare e far comprendere problemi complessi, ma piuttosto di mettere in discussione radicalmente l’uso di un certo tipo di comunicazione come uno strumento che possa trasmettere efficacemente qualsivoglia informazione.
In tutti i suoi lavori, Turato prende quasi le parti di un macchinario che processa parole e notizie come se non avessero alcun significato, comunicandole una dopo l’altra attraverso la performance o la scrittura, senza che nessun argomento venga approfondito più di altri. L’opera di Turato ci ricorda quindi che, ora più che mai, viviamo in un’epoca in cui ci viene chiesto di prestare la nostra attenzione a tutto, di dare significato a centinaia di migliaia di informazioni, immagini, parole contemporaneamente ed è proprio questo flusso che ci fa andare in tilt. Quando il linguaggio è disconnesso dalla sua funzione informativa e le parole dal loro significato, niente di quello che diciamo, scriviamo o pensiamo sembra avere più senso.
Ciliegie
i nostri pick culturali
🍒 Podcast 🍒
Normal Gossip, già citato in apertura della newsletter, un podcast bellissimo che vi farà sentire di essere in spiaggia, ad origliare le conversazioni dei vicini o a fare aperitivo con il tuo gruppo di amicз.
+una cosa cosa molto bella fatta da Publishing Station, podcast a cura di Marta Oliva, Eleonora De Beni e Elena Braida (che ricorderete da Interstizi #3) insieme a Musica Stampata
🍒 Letture 🍒
Un romanzo: Il profilo dell’altra di Irene Graziosi (edizioni e/o), la storia super contemporanea di una ragazza alle prese con le complicazioni di una vita precaria, in cui trovare la propria identità e voce è sempre più difficile tra traumi e social media. Il libro che ha conquistato noi e tutto il nostro gruppo di amiche -- imprescindibile per chiunque si trovi alla fine dei suoi vent’anni / inizio dei trenta.
Bonus estate 🌴 : Crossroads di Jonathan Franzen (4th estate, in traduzione da Einaudi), probabilmente la novità editoriale più attesa del 2022 e che non ci ha deluso: l’inizio di una saga familiare con personaggi complessi e profondi e storie che si intrecciano inaspettatamente come solo nella migliore letteratura.
Un saggio: La fine dell'amore. Amare e scopare nel XXI secolo di Tamara Tenembaum
Un articolo:
L'urgenza del salario minimo - Francesca Coin - L'Essenziale
Cruising: attraverso il fallimento - Il Tascabile
Misc: Due articoli in inglese che ci parlano di vibes e dell’evoluzione e addomesticamento di quelle che sono oggi conosciute come piante d’appartamento. Non fare finta di non sapere di cosa stiamo parlando.
🍒 Musica 🍒
Allora, è uscito un nuovo album dei Bloc Party. Ci piace? Non ne siamo sicure. Vogliamo fingere che sia il 2009, che la nostra massima aspirazione sia pubblicare cose mega edgy su Tumblr mentre scriviamo testi finto intellettuali e sogniamo una festa in stile Skins? Certo che sì.
Se invece volete ascoltare cose per cui è valsa la pena aspettare, Mr. Morale & The Big Steppers di Kendrick Lamar. Infine, per la serie tipe che ci fanno volare (e in questo caso anche sentire un po’ vecchie), flowerovlove.
🍒 Film 🍒
A cura di Victoria Chuminok <3
La mia adolescenza da bionda non può che lanciarsi a gamba tesa consigliando subito Mean girls (2004) di Mark Waters (e Tina Fey alla regia) a chiunque non l’abbia ancora visto. I pettegolezzi che girano nel liceo fanno scoppiare una guerriglia tra gli adolescenti che piangono, limonano e si tirano i capelli indossando outfit pazzeschi, tutto un sacco rosa e millennial.
La ragazza con la pistola di Mario Monicelli. Siamo in Sicilia nel 1968, Monica Vitti nei panni di Assunta Patanè deve vendicare il suo rapimento consumato senza un matrimonio per placare le voci nel paese, per farlo andrà in Inghilterra con una pistola in borsa e tanta rabbia nel cuore. Una delle commedie più belle in assoluto costruita sul carattere principale femminile che riesce nella sua emancipazione dal ruolo retrogrado e sottomesso assegnato alla nascita della cultura del suo paese. Link gratuito per vederla qui.
🍒 L’Internet 🍒
And We Thought | Food Data Digestion sito dell’omonimo progetto dell’artista Roberto Fassone che utilizza l’intellifenza artificiale Ai Lai, creata da Andrea Zaninello, per generare racconti di viaggi psichedelici a partire da input di canzoni o album (noi abbiamo provato con un grande classico come Party in the U.S.A di Miley Cyrus). Nel sito è possibile creare nuove storie ma anche accedere all’archivio del progetto e ai video creati dall’artista in occasione della presentazione di And we thought a Cantieri 2022.
La forza della dissidenza, una conversazione (in inglese, spagnolo e portoghese) tra Judith Butler, Jean Wyllys and Verónica Gago 🔥
Stiamo provando BeReal. per adesso è un posto un po’ solitario ma mega simpatico, ci vediamo lì?
Something I Saw un’opera d’arte al giorno (più o meno) nella tua casella mail
@cosechesonofelicidiesserecose ed effettivamente
@madonnafredda siamo PIENE
Un profilo molto divertente che ti farà perdere un sacco di tempo.
È Interstizi per caso uno SPILF? Un commento sul diventare adultз. Ma anche.
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Noi siamo arrivate alla fine di questo undicesimo numero di Interstizi.
Grazie per essere arrivatə fin qui, per averci letto, per averci dedicato del tempo.
Interstizi è in fase di sperimentazione permanente quindi se avete suggerimenti, feedback o volete semplicemente condividere con noi cosa vi passa per la testa potete rispondere a questa mail, seguirci su Instagram o scriverci a interstizinewsletter@gmail.com - se invece sei qui per sbaglio ma vuoi saperne di più puoi iscriverti qui
Interstizi è un progetto a cura di Fabiola Fiocco e Giulia Pistone.